domenica 12 dicembre 2010

La differenza arriva quando viene colpita la palla. Allora niente è più lo stesso.

“Si sa dunque che è nato nel '36, che è di origine italiana (padre e madre sono originari della provincia di Campobasso) e che è cresciuto nel Bronx, vicino a Arthur Avenue, detestando la scuola che considerava una perdita di tempo e una gran noia e adorando "ogni forma di baseball immaginabile", […]. Che il territorio dei suoi giochi, come per tanti italo-americani, è stata la strada. Che non si sente legato in maniera particolare alle sue origini italiane. Che si è laureato in Scienze della Comunicazione. Che per qualche tempo ha fatto un lavoro che non amava , il copywriter pubblicitario”.

La traiettoria della palla del famoso fuoricampo di Bobby Thomson, Polo Grounds, New York 1951.


Underworld è considerato da vari critici uno dei lavori migliori dello scrittore, nonché uno dei romanzi più importanti degli ultimi decenni, vincitore di numerosi premi. E’ un esempio significativo della letteratura postmoderna americana”


Don de Lillo è dunque un autore appartenente alla corrente del cosiddetto romanzo postmoderno americano, di cui rappresenta forse il più grande esponente insieme a Thomas Pynchon (il famosissimo scrittore ‘recluso’ – l’autore dell’Inganno del lotto 49 - che nessuno ha mai visto e di cui l’ ultima foto nota risale agli anni ’50. qui documentario BBC). Underworld è il titolo di un libro uscito nel 1997, il romanzo da cui vorrei iniziare per estendere ‘il ciclo dei dialoghi’, iniziato con rimando a soli film, anche a brani tratti da testi scritti. Prima però qualche informazione sul racconto e sul suo autore:

Su De Lillo:

“Lontanissimo dal cosiddetto minimalismo, generoso e abbondante, è uno scrittore alla ricerca del Grande Romanzo Americano - l'araba fenice inseguita da ogni scrittore Usa che si rispetti, il romanzo che dirà tutto dell'America, la rappresenterà, parlerà con la sua voce.”

Sul romanzo:

Insieme a Rumore Bianco e Libra (un’ impressionante ricostruzione a metà tra realtà e fantasia dell'assassinio di Kennedy visto dalla parte di Oswald), Underworld (un grandioso affresco di cinquant'anni di America) è uno dei tre "grandi romanzi americani" di De Lillo

L'home run di Thomson sul Daily News, 1951.

Si tratta della biografia di una pallina da baseball, dal 3 ottobre 1951 fino agli anni ’90. La palla è il filo che tiene insieme storie di innumerevoli personaggi, le quali a loro volta sono intessute (e impregnate) nella Grande Storia Americana. Leggendo ci si trova quindi a seguire il passaggio della palla attraverso la storia (ma allo stesso tempo si vede la storia passare dentro la palla, i due processi diventano complementari), in un percorso in cui si intrecciano e ci si mostrano scorci di vita del Bronx, la bomba atomica (una presenza dell'immaginario americano post-bellico quasi ossessiva nel libro), il ballo in maschera di Truman Capote, una miriade di oggetti vecchi e nuovi, lo scorrere delle esistenze di una rete di personaggi finti e veri (nei capitoli del romanzo, che non sono ordinati temporalmente – vedi sotto - si cambia velocemente collocazione temporale e locale; i fili che legano le differenti storie si dipaneranno solo lentamente).

Tra questi ci sono ad esempio Lenny Bruce (il noto comico, cui Bob Dylan ha dedicato una canzone e che i Beatles hanno immortalato nella copertina dell'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - la quarta faccia in alto da sinistra) e John Edgar Hoover (direttore dell’FBI dal 1924 al 1972), che assiste insieme a Frank Sinatra alla partita forse più famosa della storia del baseball , quella tra i Giants e i Dodgers a New York (3 ottobre 1951) vinta con un miracoloso fuoricampo di Bobby Thomson (prima foto sopra).

“Tra loro c’è anche J. E. Hoover. Sta guardando dall’ampio corridoio in cima alla rampa. Ha detto a Rafferty che resterà alla partita. Andarsene non servirebbe a niente. La Casa Bianca darà la notizia tra un’ora. Edgar odia Harry Truman, gli piacerebbe vederelo contercesi su un parquet, stroncato da un attacco di cuore, ma non può criticare il presidente. Dando la notizia per primi, impediremo ai sovietici di presentare l’ accaduto a modo loro, indorando la pillola. E in una certa misura allenteremo la tensione del pubblico. La gente capirà che abbiamo conservato il controllo delle notizie, se non della bomba, che è già qualcosa” (Underworld, p. 23, Il trionfo della morte.)

Prima pagina del New York Times, 4 ottobre 1951.

Mentre Edgar pensa alla bomba appena sganciata dai Russi, la partita si conclude col noto fuoricampo ed entra nella storia (ci hanno addirittura girato un documentario ), facendo di Branca e Thompson (rispettivamente lanciatore e battitore) due personaggi famosi, a tal punto che i due si ritroveranno anni dopo immortalati alla Casa Bianca col presidente Nixon (in una foto che, nel romanzo, sarà un oggetto che ritroveremo appeso in molti luoghi).


Ma chi sia tornato a casa con la palla storica, resta tutt'oggi un mistero.

“Nessuno ha la palla – disse Sims – La palla non è mai saltata fuori. Non se n’è mai saputo niente, chiunque l’abbia avuta per le mani. Questo fa parte della … come si dice? … della mitologia di quella partita. Nessuno si è mai fatto avanti per rivendicare l’autenticità della palla con argomenti credibili. Oppure si è fatta avanti una dozzina di persone, ciascuna con una palla da baseball, il che è sostanzialmente lo stesso” (Underworld p. 100. Primavera-estate 1992).

La palla non è il protagonista del libro (non c’è un protagonista nel libro se non la storia, una corale con molti personaggi tutti o quasi principali; uno di essi, Nick - cresciuto nel Bronx, educazione cattolica - per biografia e tipo di riflessioni è stato considerato un alter ego dell’autore); essa è piuttosto un buco nella storia (quella cosiddetta 'vera') da cui inizia un’altra storia (vera, finta, vera-e-finta, mescolata, bisognerebbe interrogare Carlo Ginzburg a proposito).


(Foto dello smarrimento. Il pilone 35, almeno secondo il romanzo, è verde - la pallina sembra averci sbattuto contro. Non ho controllato su eventuali foto del Polo Grounds, lo stadio dove si disputò l'incontro, se l'informazione sia corretta)


La palla diventa così la cerniera di una grossa tessitura che si svolge davanti al lettore, in cui eventi epocali, persone, oggetti, particolari talvolta insignificanti, la palla stessa , rifiuti di ogni genere ("scorie nucleari, pattume generico, feticci sentimentali, erotici, artistici" sono un altro leitmotiv insieme all'atomica) si mischiano e si legano, presentati con una tecnica narrativa che ci permette di saltare dagli uni agli altri a piacimento, ce li presenta temporalmente e spazialmente separati, connettendoli con rimandi, dettagli che incontriamo in più punti (temporali) nel corso del suo procedere:

“Leggere questa prosa può stranamente risultare come usare un web browser: il focus narrativo si muove da personaggio e personaggio tanto velocemente quanto siamo introdotti ad essi, e il quadro temporale regolarmente cambia me mostrare ulteriori connessioni tra gli attori principali della storia. Questo dispositivo – la letteratura come ipertesto – è particolarmente efficace nelle prime parti della novella, e la tecnica non si intromette mai nella storia stessa”.

Nella storia appare brevemente un collezionista di chincaglie del baseball, un vecchio paranoico (giovane in un passo successivo) rinchiuso in una cantina piena di oggetti per la magior parte insignificanti raccolti nel corso di anni ("spazzatura nostalgica dei tempi andati" , secondo un commento di un amico del compratore della sfera - Primavera-state 1992) tra i quali la palla, che ha rintracciato inseguendola per 22 anni e ricostruendone la storia a ritroso fino al giorno dopo il match (poi c'è un buco nella sua storia, del collezionista):

“- Marvin: La gente colleziona, colleziona, non fa che collezionare. C’è gente che insegue qualsiasi oggetto del periodo della Germania nazista. Nazisterie. Grandi collezioni che cercano la grande storia. Ciò significa forse che gli oggetti accumulati in questa stanza sono del tutto insignificanti? Qual è a parola che sto cercando, che suona come se ti iniettassero un vaccino nel muscolo del braccio?

- Brian: Innocuo si dice.

- Marvin: Sì ecco, innocuo. Cosa sarei io innocuo? Anche questa è storia, le ultime pagine. Storia alla rovescia. Felice, tragica, disperata.” (Underworld, p. 181. Metà anni ottanta\primi anni novanta)


Il libro è una specie di collezione, come quella cheMarvin raccoglie inseguendo la storia della palla a ritroso, in lungo e in largo per l’America.

“La palla non portava né fortuna né sfortuna. Era un oggetto che passava di mano. Ma spingeva la gente a raccontargli cose, confidargli segreti di famiglia e storie personali inconfessabili, a singhiozzare di cuore sulla sua spalla. Perché sapevano che lui era il loro, come dire, il loro strumento di sfogo.
Le loro storie avrebbero assunto un rilievo diverso, sarebbero state assorbite da qualcosa di più vasto, il lungo viaggio della palla stessa e l'assurda marcia di Marvin nel corso dei decenni. “


Non sono le storie narrate da Marvin ad essere oggetto del libro, piuttosto quella di Marvin e della sua ricerca decennale è una storia– che si interrompe nella prima parte – delle molte che compongono il racconto. Nel brano da cui è tratto il dialogo che vi voglio proporre, Nick, il protagonista di uno dei fili del romanzo (lavora nel trattamento industriale dei rifiuti, oggetti di ogni tipo, l’ultimo stadio della ‘storia’ di ogni oggetto), parla ad un prete di un riformatorio in cui è stato rinchiuso (per aver ucciso un uomo di cui ancora si sa pochissimo, ma non mi dilungo su questo aspetto). Visto però che il dialogo non ha niente ha che fare con la palla, lo rimanderò al prossimo intervento, sostituendolo con un altro scambio di battute pseudo- Orwelliano il cui protagonista è sempre il vecchio paranoico, che cammina nel suo scantinato mostrando la collezione ad un visitatore:

Disse a Marvin: – sono cresciuto nel Midwest. Gli Indians di Cleveland erano la mia squadra. E ieri sera, mentre venivo qui in aereo per affari, ho letto un articolo sulla rivista della compagnia aerea, il pezzo su di lei e la sua collezione, e ho provato l’impulso irresistibile di contattarla e vedere queste cose.
Toccò i risvolti di seta della giacca da smoking di Babe Ruth.
- E’ stata mia figlia a convincermi a fare l’intervista, – disse Marvin. – Pensa che io stia diventando una specie di, come-si-chiama.
- Recluso
- Sì, un vecchio recluso con mezzo stomaco soltanto. E così adesso la mia fotografia è nella tasca posteriore di ventimila poltrone. Questa è l’idea che lei ha dell’uscire e incontrare gente. Mi ficcano là dentro insieme ai sacchetti per il vomito.
Brian disse: - sono stato a un’esposizione di macchine e mi ha fatto uno strano effetto.
- Cioè che effetto le ha fatto?
- Macchine degli anni Cinquanta. Non lo so.
- Lei si sta auto commiserando. Pensa che le stia sfuggendo qualcosa ma non sa cosa. Si sente solo nella vita. Ha un lavoro, una famiglia e un testamento già redatto, alla sua età, perché quello che conta è morire preparati, di una morte legale, con tutte le carte in regola. Morire solvibili, così gli eredi possono convertire tutto in denaro sonante. Un tempo pensava di avere le stesse dimensioni dell’intero universo. Adesso è una scheggia smarrita. Guarda le macchine di una volta e si ricorda di uno scopo, di una meta.
- E’ ridicolo, vero? Ma probabilmente è anche irrilevante.
- Niente è irrilevante – disse Marvin – Lei è preoccupato e spaventato. Vede che la guerra fredda sta per finire, e la cosa la lascia senza fiato.
Brian passò attraverso un tornello proveniente da un vecchio campo da baseball. Scricchiolò con un suono nostalgico.
- La guerra fredda? – disse – Bah, non mi sembra che stia finendo. Comunque, se così fosse, tanto meglio. Ne sarei felice.
- Lasci che le spieghi una cosa a cui, forse, non ha mai fatto caso.
Marvin era seduto su una poltrona di fianco a un vecchio baule di attrezzature su cu era impressa la scritta “Boston Red Stockings”. Indicò con un gesto ampio la poltrona dall’altra parte del baule e Brian andò a sedersi.
- Bisogna che i leader di entrambe le parti facciano continuare la guerra fredda, è l’ unico elemento di stabilità. E’ onesta, è affidabile. Perché quando la tensione e la rivalità finiscono, allora sì che comincia il vero incubo. Tutto il potere e l’intimidazione dello stato smetteranno di circolare nel suo sangue e lei non si ritroverà più ad essere .. oddio, cosa volevo dire?
- Non lo so.
- Ah, sì, non sarà più il punto di riferimento principale. Perché verrà aggredito da altre forze bellicose incalzanti. La guerra fredda è sua amica. Per lei è necessario che rimanga predominante.
- Predominante su che cosa?
- Non lo sa? Non capisce che tutta la faccenda è collegata al predominio nel mondo? Non ha visto cosa sta succedendo in Inghilterra? Quarantamila donne che manifestano intorno a una base aerea per protestare contro bombe e missili. Alcune di loro sono uomini travestiti. Ci sono anche dei buddisti che suonano i loro tamburi.
Brian non sapeva come reagire a queste osservazioni. Voleva parlare di vecchi giocatori di baseball, delle dimensioni dello stadio, di soprannomi e di cittadine della minor league. Era per questo che era venuto, per arrendersi alla nostalgia, per ascoltare il suo opsite raccontare aneddoti famosi, le storie ormai classiche di azioni stupide e di risse scatenate, i duelli di lancio che continuavano fino al crepuscolo, storie che Marvin collezionava da mezzo secolo – l’eros intenso della memoria che distingue il baseball dagli altri sport.
Marvin sedeva con gli occhi fissi sul tabellone segnapunti, il sigaro lievemete sfilacciato all’estremità bruciacchiata.

- Credevo avremo parlato di baseball
- Stiamo parlando di baseball. Questo è baseball. Lo vede l’orologio? – disse Marvin – E’ fermo sulle tre e cinquantaquantotto. Perché? Forse perché è l’ora in cui Thomson batté il fuoricampo sul lancio di Branca?
Lo chiamò Branker.
- Oppure perché quello è il giorno in cui scoprimmo che i russi avevano fatto esplodere una bomba atomica. Vuol sapere una cosa di quella partita?
- Cosa? – fece Brian.
- C’erano ventimila posti vuoti. E sa perché?
- Perché?
- Mi riderà in faccia.
- No, glielo prometto.
- D’accordo allora. Lei è mio ospite e voglio che senta a suo agio.
- Come mai tanti posti vuoti per la partita più importante dell’anno?
- Di molti anni, - intervenne Marvin.
- Di molti anni.
- Perché certi eventi hanno una componente di paura inconscia. In cuor mio sono convinto che la gente intuiva la catastrofe nell’aria. E non c’entrava con chi avrebbe vinto o perso la partita. Sentivano una forza tremenda che avrebbe obliterato.. è questa la parola?
- Sì, obliterato.
- Allora, che arebbe completamente obliterato la partita. Deve sapere che per tutti gli anni Cinquanta la gente è rimasta chiusa dentro casa. Uscivano solo per salire in machina. I parchi pubblici non erano pieni di gente così come adesso. Un museo era una serie di stanze vuote con cavalieri in armatura e un guardiano insonnolito ogni sette secoli.
- In altre parole.
- In altre parole, c’era una tendenza sotterranea a restarsene a casa. Perché nell’aria incombeva una minaccia.
- E’ lei vorrebbe dirmi che la gente ha avuto un’intuizione su questa giornata particolare?
- Sì, è come se lo sapessero. Intuivano che c’era un legame tra la partita e un avvenimento sconvolgente che si sarebbe verificato dall’altro capo del mondo.
- Queste partita in particolare.
- Non il giorno prima o il giorno dopo, perché si trattava della partita del tutto-o-niente tra i due più odiati rivali della città. La gente aveva il presentimento che quella partita fosse legata a qualcosa di molto più grosso. Per cui passarono attraverso il processo mentale di chiedersi, Voglio davvero uscire e trovarmi tra la folla, che è il posto peggiore in cui essere se succede qualcosa di orribile, oppure sarà meglio che resti a casa con la mia famiglia e il mio televisore nuovo di zecca, come suggerisce il buon senso, nel suo mobiletto impiallacciato d’acero.
Con sua sorpresa Brian non respinse questa teoria. Il che non significa necessariamente che vi credesse, però non la respinse. Ci credeva provvisoriamente, qui in questa stanza sotto il livello della strada, in una casa di legno, nel pomeriggio di un giorno di feriale a Cliffside Park, New Jersey. Era liricamente vera, mentre usciva dalla bocca di Marvin Lundy e arrivava all’orecchio medio di Brian, indimostrabilmente vera, remotamente e in ammissibilmente vera, ma non del tutto avulsa dalla storia, non priva di autentica storia interiore.
- E devo dire che la faccenda ha un interesse perché quando fabbricano una bomba atomica, questa è bella, il nucleo radioattivo lo fanno della stessa dimensione di una palla da baseball – disse Marvin.
- Ho sempre creduto che avesse la dimensione di un pompelmo.
- No. Di una palla da baseball regolamentare da major league, non inferiore a ventitré centimetri di circonferenza, secondo il regolamento.”

FINE
(Il corsivo delle parti non-dialogate è mio)




Il post è messo insieme a partire da varie recensioni del libro cui ho attinto (e che ho tradotto) liberamente 1, 2., da un vecchio articolo di Repubblica e uno del Sunday Times. Per una serie di ulteriori articoli sui lavori di De Lillo (l’ultimo romanzo, Point Omega, è uscito lo scorso febbraio) qui. Il titolo del post è anch'esso una citazione dal romanzo: "La differenza arriva quando viene colpita la palla. Allora niente è più lo stesso. Gli uomini scattano, rialzandosi dalle loro posizioni accosciate, e tutto si sottomette al volo della palla che schizza via come un sasso sull'acqua [...]" (Underworld, p. 23 Il trionfo della morte.)

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